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Risoluzione n. 162011 del 14 settembre 2015

Oggetto: Attività di vendita diretta su area privata di cui gli imprenditori agricoli hanno la disponibilità

Per opportuna informazione di codesti Enti, destinatari di precedenti risoluzioni in materia da parte di questa Direzione Generale, si porta a conoscenza il contenuto della nota del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali n. 2855 del 7-8-2015, con la quale l’Amministrazione che legge per conoscenza, si è espressa in merito all’attuale formulazione dell’articolo 4, comma 2, secondo periodo del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, così come modificato dall’articolo 30-bis del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98.

L a norma vigente dispone, infatti, che “Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola, nonché per la vendita esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non è richiesta la comunicazione di inizio di attività”, non prevedendo più, pertanto, la possibilità di vendita al dettaglio sulle altre aree private delle quali gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità.

Per effetto di tale modificazione la scrivente ha sostenuto, con nota del 3 aprile 2015, n. 47941, che non fosse possibile l’utilizzo, da parte di un soggetto imprenditore agricolo, di un’area messa a disposizione da un altro imprenditore agricolo, ai fini della vendita dei propri prodotti. Al riguardo, il Ministero delle Politiche Agricole ha sostenuto, invece, quanto di seguito si riporta.

“ Al riguardo, è opportuno evidenziare che la vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli rientra nel novero delle attività qualificate agricole per connessione dall’articolo 2135, comma 3, del codice civile e, pertanto, le questioni attinenti alle modalità di svolgimento di tale attività ricadono nella competenza per materia dello scrivente Ministero che intende formulare le seguenti osservazioni indirizzate anche all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani affinché siano rese disponibili alle Amministrazioni comunali.

Al fine di un corretto inquadramento giuridico della questione è necessario partire dalla lettura della previsione generale sul tema, a norma della quale “Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità” (art. 4, comma 1, D.Lgs n. 228 del 2001).

E’ evidente che la possibilità ivi prevista di esercitare la vendita diretta “in tutto il territorio della Repubblica” non può essere limitata da una lettura restrittiva dei successivi commi del citato articolo 4 che risulterebbe, tra l’altro, in contrasto con il principio costituzionale di libertà di iniziativa economica privata (cfr. art. 41 Cost.).

Sulla specifica questione oggetto delle sopra citate Risoluzioni, inerente alla vendita esercitata dall’imprenditore agricolo su aree private “esterne alla propria azienda agricola”, si ritiene che la corretta opzione interpretativa del disposto di cui al comma 2 del citato articolo 4 – come modificato dall’articolo 30-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, introdotto dalla legge di conversione n. 98 nel 2013 – nella parte in cui disciplina “la vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola”, debba fondarsi sulla nozione di azienda recata dall’articolo 2555 del codice civile.

In particolare, tale norma definisce azienda “il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio della impresa”: non vi è dubbio, quindi, che ricada nel novero dei beni aziendali anche una superficie o un’area nella disponibilità dell’imprenditore agricolo in virtù di un titolo legittimo e destinati all’esercizio della vendita diretta quale attività propria dell’impresa agricola, ancorché tale superficie o area siano diverse dai terreni su cui è svolta l’attività di produzione.

Pertanto, non è sostenibile giuridicamente la differenziazione ai fini della vendita diretta tra terreni o beni “aziendali” e terreni o beni “esterni all’azienda”, stante il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in sede di interpretazione della citata disposizione codicistica, secondo cui “l’azienda consiste in una universitas rerum, comprendente cose materiali ed immateriali, funzionalmente organizzate in un complesso unitario ad un unico fine” (Cassazione Civile, 22 marzo 1980, n. 1939).

Inoltre, che l’esercizio dell’attività imprenditoriale possa legittimamente avvenire su beni di cui l’imprenditore non ne abbia la proprietà ma la piena disponibilità è confermato dalla giurisprudenza secondo cui “E’ infatti nozione giuridica comune che nell’ambito dell’azienda (art. 2555 c.c.), che costituisce un complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, non sia necessario che rispetto ai beni tutti sussista il diritto di proprietà: necessario e sufficiente perché un bene sia aziendale è la sua destinazione funzionale impressa dall’imprenditore, mentre è irrilevante il titolo giuridico (reale o obbligatorio) che legittima l’imprenditore ad utilizzare il bene nel processo produttivo” (Consiglio di Stato, sezione V, 18 giugno 2008, n. 3029).

Peraltro, una interpretazione diversa da quella sopra esposta non risulterebbe conforme alla volontà del legislatore che con il citato articolo 30-bis del decreto legge n. 69 del 2013, rubricato “Semplificazioni in materia agricola”, ha evidentemente inteso ridurre gli adempimenti a carico degli imprenditori agricoli intenzionati ad esercitare la vendita diretta. In conclusione, ad avviso dello scrivente Dipartimento, l’attuale formulazione dell’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 228 del 2001 non pone alcun limite all’esercizio della vendita diretta nel territorio della Repubblica su superficie private all’aperto ovunque esse siano ubicate purché delle stesse l’imprenditore agricolo abbia la legittima disponibilità e ferma restando, naturalmente, l’osservanza delle vigenti norme in materia igienico-sanitaria come espressamente previsto dal comma 1, del citato articolo 4”.

Per effetto di tali precisazioni, pertanto, l’interpretazione sostenuta dalla scrivente nella citata nota n. 47941 deve intendersi superata. Ciò significa che un imprenditore agricolo può utilizzare un’area dell’azienda di un altro imprenditore agricolo ai fini della vendita dei propri prodotti, nonché qualsiasi superficie privata all’aperto, ovunque ubicata e della quale abbia la disponibilità. Fermo quanto sopra, si ritiene opportuno evidenziare, con particolare riferimento a quanto sostenuto dal predetto Ministero nella citata nota n. 2855, ossia che la scrivente avrebbe fornito un’interpretazione restrittiva ritenendo di vietare la vendita su aree private all’esterno dell’azienda agricola, che tale interpretazione è stata confermata con nota n. 79920 del 29-10-2014 dalla Direzione Generale per la Promozione della Qualità Agroalimentare e dell’Ippica del medesimo Ministero, la quale, in relazione alla modifica in discorso dell’articolo 4, comma 2, secondo periodo del decreto legislativo n. 228 del 2001 ha avuto modo di precisare quanto segue: “La novella ha ampliato la possibilità di vendita da parte degli imprenditori agricoli in occasione di sagre, fiere e manifestazioni varie, e nel contempo, ha escluso la vendita diretta su “altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità”, abrogando la relativa disposizione normativa.

Per quanto sopra, si ritiene di poter concordare sull’interpretazione fornita dal Ministero dello Sviluppo Economico in merito al divieto di vendita su aree private all’esterno dell’azienda agricola”.