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Risoluzione n. 120995

Per opportuna informazione e diffusione, si porta a conoscenza il contenuto della nota n. 4040 del 21-03-2018, con la quale il Ministero dell’Interno ha fornito chiarimenti in merito all’obbligatorietà, in capo agli operatori del commercio di cose antiche o usate, della tenuta di un registro delle operazioni poste in essere giornalmente.

A seguito, infatti, dell’abrogazione dell’articolo 126 del TULPS, ad opera dell’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222, che condizionava l’esercizio del commercio di cose antiche o usate ad una dichiarazione preventiva all’autorità di pubblica sicurezza, si è posta la questione se dovesse considerarsi implicitamente abrogato anche il successivo articolo 128 nella parte in cui, rinviando al citato articolo 126, prescrive l’obbligo di tenuta del registro in parola.

Al riguardo, il Ministero dell’Interno, ha rappresentato quanto di seguito si riporta.

“In considerazione della rilevanza della problematica prospettata, con particolare riguardo a settori ove l’esistenza di tracciabilità delle transazioni è particolarmente avvertita, quali, ad esempio, quello della circolazione dei beni sottoposti a tutela da parte del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) e quello del commercio delle parti di ricambio dei veicoli fuori uso, questo Ufficio ha ritenuto opportuno ricorrere all’autorevole supporto consultivo del Consiglio di Stato, che ha reso in proposito l’allegato parere n. 15 del 2 marzo 2018.

Con il citato atto di interpretazione il Supremo Consesso della giustizia amministrativa si è espresso nel senso che l’intervento demolitorio sull’articolo 126 del TULPS debba considerarsi circoscritto unicamente a tale articolo, senza riverbero alcuno sul successivo articolo 128.

Pertanto, coloro i quali esercitano il commercio di cose antiche o usate, pur essendo legittimati ad avviare le relative attività senza dover sottostare a controlli nella fase di accesso al settore, saranno comunque tenuti ad annotare le relative transazioni sul registro previsto dal citato articolo 128 del TULPS.

Tale soluzione interpretativa riposa su diversi ordini di motivazione.

In primo luogo, il documento di analisi tecnico-normativa allegato al testo del decreto legislativo n. 222 del 2016 mette in evidenza come alle disposizioni del decreto medesimo non debbano riconoscersi effetti abrogativi citati.

E’, d’altra parte, pacifica la vigenza di specifiche disposizioni che richiamano espressamente il registro di cui all’articolo 128, come il citato decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) ed il relativo decreto di attuazione, il DM 15 maggio 2009, n. 95, recante “Indirizzi, criteri e modalità per l’annotazione ne registro di cui all’articolo 128 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza delle operazioni commerciali aventi ad oggetto le cose rientranti nelle categorie indicate alla lettera A dell’allegato A del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche”.

Un secondo argomento che si esprime nel senso della permanenza del registro di cui si tratta si fonda sulla diversità della ratio sottostante agli articoli 5 del decreto legislativo n. 222 del 206 e 128 del TULPS. Se la prima disposizione persegue l’obiettivo di pervenire ad una semplificazione delle modalità di avvio delle attività commerciali aventi ad oggetto cose antiche o usate, all’articolo 128 è invece sottesa la diversa finalità di favorire la tracciabilità delle transazioni di tali beni, al fine di prevenire condotte illecite nell’ambito del relativo mercato.

Ulteriore elemento a sostegno dell’indirizzo in parola risiede, infine, nella notazione per cui, anche espungendo dal tenore letterale dell’articolo 128 il rinvio all’abrogato articolo 126, la portata precettiva della prima disposizione rimarrebbe sostanzialmente inalterata. L’articolo 128, invero, si riferisce ad una serie di soggetti (fabbricanti, commercianti ed esercenti) individuati senza nessuna incertezza e senza che sia necessario fare riferimento alla disposizione abrogata.

Alla luce di queste autorevoli argomentazioni, si conferma la piena vigenza dell’articolo 128 del TULPS e quindi dell’obbligo di tenuta del registro anche per le categorie di operatori economici indicati da tale disposizione.

Nella considerazione che l’abrogazione dell’articolo 126 del TULPS possa aver dato luogo a situazioni di incertezza, appare, peraltro, opportuno una mirata campagna di informazione, al fine di dare il più ampio risalto al chiarimento assicurato dal Consiglio di Stato”.

  • Fonte Mise – Ministero dello Sviluppo Economico