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Con interpello del 17 novembre 2016, acquisito da questa Amministrazione con prot. n. 362508, è stato posto alla scrivente un quesito concernente la prestazione dei servizi professionali di acconciatura secondo peculiari modalità, di seguito esposte.

L’interpellante rappresenta di aver ricevuto, nell’ambito ed in esito ad un concorso volto a finanziare progetti di imprenditoria femminile, un premio consistente in un contributo a fondo perduto per la realizzazione della propria iniziativa imprenditoriale. Il progetto finanziato prevede «l’espletamento di un’attività di impresa di acconciatore itinerante c.d. HAIR TRUCK», il cui «elemento connotante (…) [è] quello di prestare servizio di coiffeur on the road (detersione, taglio e asciugatura) attraverso l’impiego di un veicolo speciale munito permanentemente di specifiche attrezzature e adibito a salone per acconciatore». Tuttavia, espone l’istante, non è finora risultato possibile beneficiare del contributo ottenuto «in ragione del fatto che le è stata negata l’iscrizione alla Camera di Commercio di Lecce e impedito di fatto lo svolgimento della predetta attività di impresa in virtù dell’art. 2 (…) della legge 17/08/2005 n. 174».

Ritenendo che il richiamato articolo 2, comma 4, della legge 174/2005 costituisca violazione delle disposizioni di cui all’articolo 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 271, nonché dei principi costituzionali di uguaglianza e di libertà delle attività economiche, rispettivamente sanciti dagli articoli 3 e 41 della Carta, oltre che dalle norme unionali, l’interpellante chiede il parere di questa Amministrazione «riguardo all’applicazione o meno [del] comma 4 dell’art. 3 della Legge 17/08/2005 n. 174 al caso di specie avente ad oggetto l’esercizio dell’attività di acconciatore tramite veicolo speciale accessoriato e la soluzione interpretativa ritenuta corretta rispetto al caso concreto sopra prospettato».

Nel merito si rappresenta quanto segue:

Come noto l’articolo 2 della legge 17 agosto 2005, n. 174, definisce al comma 1 «l’attività professionale di acconciatore, esercitata in forma di impresa», come l’attività ricomprendente «tutti i trattamenti e i servizi volti a modificare, migliorare, mantenere e proteggere l’aspetto estetico dei capelli, ivi compresi i trattamenti tricologici complementari, che non implicano prestazioni di carattere medico, curativo o sanitario, nonché il taglio e il trattamento estetico della barba, e ogni altro servizio inerente o complementare». Il successivo comma 3 precisa che l’attività di acconciatore «può essere svolta anche presso il domicilio dell’esercente ovvero presso la sede designata dal cliente, nel rispetto dei criteri stabiliti dalle leggi e dai regolamenti regionali. E’ fatta salva la possibilità di esercitare l’attività di acconciatore nei luoghi di cura o di riabilitazione, di detenzione e nelle caserme o in altri luoghi per i quali siano stipulate convenzioni con pubbliche amministrazioni». Il comma 4 del medesimo articolo reca infine la disposizione oggetto di censura da parte dell’interpellante, sancendo che «non è ammesso lo svolgimento dell’attività di acconciatore in forma ambulante o di posteggio».

Emerge con chiara evidenza che la fattispecie concreta descritta debba essere pienamente ricondotta alle norme sopra brevemente richiamate, trovando in esse la propria disciplina. In particolare, l’offerta del servizio con le modalità descritte, ovvero mediante l’utilizzo di un «veicolo speciale» appositamente adattato ed attrezzato per la prestazione in esso dell’attività di acconciatura, deve al di là di ogni dubbio qualificarsi come esercizio in forma ambulante, risultando perciò ostativa rispetto a tale ipotesi la più volte menzionata norma di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 174/2005.

Sotto questo profilo, le censure avanzate in ordine all’asserita incompatibilità della disposizione in esame con le disposizioni recate dall’articolo 1 del decreto-legge 1/2012 non risultano, ad avviso di questa Amministrazione, condivisibili né fondate. Si ritiene, infatti, che il divieto di esercizio dell’attività di acconciatore in forma ambulante, posto dalla norma contestata, risulti invero pienamente giustificato dal perseguimento dei motivi imperativi di interesse generale connessi ai profili della sanità pubblica e della tutela dell’ambiente, nonché della protezione dei consumatori e dei destinatari dei servizi, e non ricada dunque nel novero delle disposizioni di legge da intendersi abrogate in forza delle norme di cui ai commi 1 e 2 del citato articolo 1 del decreto-legge 1/2012. Non risulta, peraltro, che la disciplina nazionale sia stata sotto questo profilo oggetto di rilievi in sede di espletamento dell’esercizio di trasparenza, di cui all’articolo 59 della direttiva 2005/36/CE2, recentemente condotto dall’Italia in contraddittorio con gli Uffici della Commissione europea e con gli altri Stati membri.

Alla luce della vigente disciplina normativa in materia di prestazione dell’attività professionale di acconciatura, sopra solo brevemente cennata, questa Amministrazione ritiene, in conclusione, di non poter aderire alle prospettazioni formulate dall’interpellante, dovendo al contrario desumere dal complessivo esame delle disposizioni richiamate la perdurante vigenza, allo stato, di un divieto di prestazione del servizio secondo le modalità descritte nell’interpello.

  • Fonte Mise – Ministero dello Sviluppo Economico